Owners of Incunabula

owners/00029386 Canova, Antonio

Aširelli, Dani’el e Yehošua‘

Owner Id00029386
TypePerson
GenderMale
Biographical dates - Period of existence1595-1606
Other Information[floruerunt]
L’Archivio storico della Comunità Ebraica di Mantova nella filza 5, cartella 1, conserva la lunghissima lista dei libri appartenenti a 438 privati e a otto istituzioni pubbliche che furono sottoposti a censura nel 1595 da Domenico Gerosolimitano, Alessandro Scipione e Lorenzo Franguello. Dieci anni dopo il Gerosolimitano intervenne nuovamente, dal 18 al 29 maggio; si veda la filza 9, cartella 2. Se nel primo caso gli ebrei redassero in ebraico, a parte i titoli italiani, i propri inventari prima di consegnare temporaneamente i volumi nelle mani degli incaricati dell’Inquisizione, la volta successiva li scrissero solamente in italiano. Nel 1595 al n. 270 (visibile all’indirizzo <http://digiebraico.bibliotecateresiana.it/sfoglia_filze.php?volume=CAR001&gruppo=FIL005&op=esplora_ric&offset=670>) troviamo una לוסטה מהספרי'[ם] מכ''ם דנואל וכ''ם יהושע אח'[ים] מלעשירלי יצ''ו (‘Lista dai libri degli onorati signori Dani’el e Yehošua‘ fratelli [del casato] degli Aširelli, Egli li conservi e li risparmi dal dolore’) in corsivo ebraico italiano, diventata nel 1605, sempre al n. 270, ‘Notta delli libri che si trouano / In Casa de Daniel e Salvador Richi h[e]br.[ei]’, con firma del revisore ‘Dominico Ierosolomi[ta]no’ (l’elenco è disponibile qui <http://digiebraico.bibliotecateresiana.it/sfoglia_filze.php?id=240&title=&date=1605&date1=&shelfmark=&generico=¬e=&ord=&tipo=cerca&op=filze_cerca&gruppo=FIL009&volume=CAR002&op=filze_cerca&offset=791>). Che si tratti delle stesse persone è stato evidenziato da VITTORE COLORNI, ‘La corrispondenza fra nomi ebraici e nomi locali nella prassi dell’ebraismo italiano’, p. 84, in ‘Italia Judaica I. Atti del I Convegno internazionale, Bari, 18-22 maggio 1981’, Roma, [s.n.], 1981, e ID., p. 741, in ‘Judaica Minora. Saggi sulla storia dell’ebraismo italiano dall’antichità all’età moderna’, Milano, Giuffrè, 1983, il quale segnalò l’ utilizzo nell’ebraismo italiano del termine ‘ašir (‘ricco’) diventato un cognome nella forma vezzeggiativa ‘Aširelli per trasformarsi in un più logico Richi ossia Ricchi e talvolta De Ricchi. I due fratelli non hanno lasciato molto di sé. Sono assenti sia nel Nomenclatore delle famiglie ebree che costituisce il Repertorio Etica; Volume III, Libro VI del suddetto archivio, sia nell’Indice dell’Archivio dell’Accademia Rabbinica mantovana, inoltre quel poco che conosciamo della loro vita, grazie ad altre fonti, non li vede associati. Il nome di Salvador Richi è riferito a proposito di un gravissimo episodio di antisemitismo verificatosi a Mantova nel 1602: l’impiccagione per un piede (!) di sette ebrei, precedentemente giustiziati, che avevano reagito alle violente prediche pubbliche di un frate itinerante inscenando nel cortile della sinagoga una specie di recita in cui schernirono lui e Gesù. Salvador fu uno dei tre prescelti dalla comunità per convincerne i banchieri a sborsare circa 75.000 lire mantovane all’indebitato duca Vincenzo I Gonzaga (1562-1612) in modo da ottenere l’assoluzione di correligionari marginalmente coinvolti nella faccenda. Questi fatti, che contribuirono all’istituzione del ghetto, sono stati diffusamente raccontati in SHLOMO SIMONSOHN, ‘History of the Jews in the Duchy of Mantua’, Jerusalem, Kiryath Sepher, 1977, pp. 33-39. Troviamo il fratello Daniel in un paio di note di spese della ‘Congrega’ del febbraio e maggio 1605 nella filza 9, cartella 1 (<http://digiebraico.bibliotecateresiana.it/sfoglia_filze.php?op=filze_cerca&volume=CAR001&gruppo=FIL009&id=239&title=&date=&date1=&shelfmark=&generico=¬e=&pag=32> e <http://digiebraico.bibliotecateresiana.it/sfoglia_filze.php?op=filze_cerca&volume=CAR001&gruppo=FIL009&id=239&title=&date=&date1=&shelfmark=&generico=¬e=&pag=51#>); inoltre CLAUDIA BURATTELLI, ‘Spettacoli di corte a Mantova tra Cinque e Seicento’, Firenze, Le Lettere, 1999, p. 127, nota 47, ed ERITH JAFFE-BERG, Ebrei and Turchi performing in early modern Venice and Mantua, p. 239, in Transnational connections in early modern theatre; Edited by M.A. Katritzky and Pavel Drábek, Manchester, Manchester University Press, 2019, ricordano che egli incorse in una rissa con un altro ebreo – il giovane attore occasionale Melet – che temendo il peggio il 16-7-1606 si era rifugiato in casa del segretario ducale Federico Follino, relatore ufficiale di cerimonie e feste, ideatore di intermezzi e commedie e attivo in numerosi compiti da cortigiano, che lo ospitò nonostante per ordine dal duca un cristiano non si potesse fare. Sappiamo qualcosa in più delle loro abitudini di lettura grazie ai due elenchi citati. I testi enumerati nel 1595 si dipanano su tre foglietti e sono in tutto 77; il secondo elenco è su due foglietti per un totale di 70, in entrambi i casi gli Ascirelli commisero sporadici errori sui dati editoriali. A differenza di tanti altri concittadini essi non possedevano testi in lingua diversa dall’ebraico. A distanza di dieci anni si nota una diminuzione numerica e un cambiamento nei titoli riportati. Infatti, se nella prima lista spiccavano due incunaboli, integri – la ‘Beḥinat ’Olam’ (‘L’esame del mondo’) di Yeda‘yah b. Avraham Bederśi (ca. 1270-ca. 1340), Soncino [5]245 [1484], e un’edizione bresciana edita nel [5]254 [1493] dei ‘Tehillim’, vale a dire i Salmi (ciò notò già S. SIMONSOHN, ‘Sefarim we-sifrut šel yehudei Manṭovah, 1595’ [‘Libri e letteratura degli ebrei mantovani, 1595’], ‘Qiryat sefer’, XXXVII, 722 [1961], 1, p. 113 [in ebr.]) - nel 1605 il primo è riportato come ‘Seffer Igarod stampato Sonzino 345’ errato per 245 (‘Igarod’ cioè ‘Iggeret’, ‘lettera’, è la prima parola del titolo con cui fu pubblicata questa breve opera) e il secondo si cela forse tra i ‘quattro teilim parte d’esso rotti’. È misteriosamente assente in ambedue le rilevazioni l’Opp. add. 4° IV. 223 della Bodleian, forse i fratelli ne entrarono in possesso successivamente, e questo spiegherebbe perché è incensurato, oppure lo avevano ceduto ad altri in precedenza; il fatto che il volume sia mutilo impedisce purtroppo di verificare questi passaggi di mano. Nella lista del 1595 sono stati inseriti anche tre manoscritti: un ‘Sefer ha-Dinim’ (‘Libro di legge’), denominato ‘Seffer denim appena’ cioè ‘a penna’ nel 1605, un ‘Ḥumaš’ in pergamena (cioè una Bibbia) d’epoca ignota con il commento medievale di Raši, che forse fa parte dei ‘3 Cumassim con targum et uno d’esso con Comenti’ elencati nel 1605, e un ‘Šeḥitot we-bediqot’ (un testo sulla macellazione rituale), anch’esso membranaceo, non registrato dieci anni dopo. La presenza di un numero limitato di manoscritti non sorprende: una statistica dei 21.142 esemplari di 1.234 opere diverse relativamente al 1595 ha attestato al 14%, qui tocchiamo una soglia inferiore perfino all’otto, questo parrebbe indicare che i due Ascirelli non erano collezionisti o studiosi ma persone abbastanza comuni perché solitamente i manoscritti per costoro erano un’eredità originatasi magari prima ancora della nascita della stampa né d’altronde le fonti sopracitate precisano i due fratelli come appartenenti a categorie rabbiniche che avevano necessità di utilizzare ancora quelle carte. In media la biblioteca privata di un ebreo mantovano a fine Cinquecento conteneva una cinquantina di volumi, i poveri una decina, i ricchi ne avevano tra 100 e 300, gli Ascerelli allora si situano in una classe intermedia. Una disamina delle edizioni dei testi mostra che anche gli stampati, spesso a Mantova, non sono molto recenti (pochissimi superano il 1560 come anno di pubblicazione) a parte, nell’inventario del 1595, una תפלה נעשית על עצירת גשמים ‘Tefilah na‘aśet ‘al ‘aṣirat gešamim’ (‘Preghiera recitata per la siccità’) edita a Mantova nel 1590, che è il rarissimo סדר התפלה שנעשית פה מנטובה על עצירת גשמים ‘Seder ha-tefillah še-na‘aśet poh Manṭovah ‘al ‘aṣirat gešamim’ (‘Formulario della preghiera che è recitata qui a Mantova per la siccità’), quattro fogli in ottavo, senza frontespizio e forse perciò privo di note di possesso nell’esemplare reperibile a quanto pare solamente presso la Biblioteca Nazionale di Israele a Gerusalemme (collocazione RO 89 A 5 96; la versione digitale è in <https://www.nli.org.il/en/books/NNL_ALEPH001087983/NLI>). Essa è una testimonianza delle vicende quotidiane non solo ebraiche e locali giacché la siccità estiva colpì il resto d’Italia e regioni europee con conseguente carestia (cfr. CARLO MARCO BELFANTI, ‘Una città e la carestia: Mantova, 1590-1592’, ‘Annali della Fondazioni Luigi Einaudi’, XVI, 1982, pp. 99-140, ALFONSO CORRADI, ‘Annali delle epidemie occorse in Italia dalle prime memorie fino al 1850’, II, Bologna, Tipi Gamberini e Parmeggiani, 1867, pp. 302-309, e ‘The Palgrave Handbook of Climate History’, London, Springer, 2018, p. 282). Molto specifica è al contrario un’altra rarità: l’אנטירפיטו סדור מתפלה ‘Inṭerpiṭo Siddur mi-tefillah’ (‘Inṭerpiṭo. Libro di preghiere’), Fano [5]266, nella lista in italiano del 1605 chiamato ‘Un Interpito di sedur de teffila stampato in Fano 266’, cioè il סידור די טוטו לאנו ‘Siddur di tutto l’anno’, che lì Gerolamo Soncino pubblicò nell’ottobre 1505. Di questo ‘Siddur’ del rito italiano stampato in giudeo-italiano ad uso primario delle donne che di norma ignoravano l’ebraico, secondo quanto affermato nell’introduzione al libro, si conoscono non più di sei copie: Modena, Biblioteca Estense, collocazione α.F.9.1, e Parma, Palatina, Stampato De Rossi 223, digitalizzata qui <http://www.internetculturale.it/jmms/iccuviewer/iccu.jsp?id=oai%3Awww.internetculturale.sbn.it%2FTeca%3A20%3ANT0000%3APARE078430&mode=all&teca=MagTeca+-+ICCU&fulltext=1>, mutile del frontespizio; Torino, Biblioteca Nazionale Università, Hebr.VIII.8, frammentaria come un’altra non etichettata (cfr. BRUNO CHIESA, ‘Note sull’attività editoriale ebraica di Gershom Soncino nei primi decenni del Cinquecento’, ‘La Rassegna Mensile di Israel’, LVII, 2001, 1-2, p. 119), in Italia; all’estero alla Bodleian Library (collocazione Auct. M. IV. 13), priva di frontespizio, e alla Biblioteca Nazionale di Israele (91 A 575), mancante di frontespizio e di altri sette fogli, fra cui quello finale [Ringrazio la dott.ssa Grazia Maria De Rubeis, direttrice dell’Estense, per avermi inviato in riproduzione le uniche pagine del volume ‘modenese’ contenenti annotazioni manoscritte, purtroppo pesantemente depennate; il Dr. César Merchán-Hamann, curatore della raccolta di Hebraica e Judaica alla Bodleian che mi indicò l’attuale collocazione ad Oxford di questo particolare ‘Siddur’, e Alexander Gordin, che verificò l’esemplare posseduto presso la NLI e il microfilm lì depositato della copia oxoniana]. Nessuna di loro mostra la nota di un Ascirelli. Generalmente il contenuto dei testi non esce dalla tipologia più diffusa: una trentina di libri liturgici, alcuni biblici, di legge ebraica (p. es. ‘1 Sulcan Aruch stampato Venetia 327’ e i ‘Saalod tesuod rotti’, che nella lista del 1595 corrispondono alla raccolta di questioni e responsa del הרשבא ‘ha-R.Š.b.A.’ l’acronimo indicante il rabbino Šelomoh b. Aderet, 1235-1310), di etica (come il ‘Menorad amaor’ che è il ‘Menorat ha-Ma‘or’ del trecentesco talmudista spagnolo Yiṣḥaq Aboab, Mantova 1563) e sulla macellazione (nel 1605 compare ‘Un par de sechitod stampati Man.[tov]a 331’, l’edizione del 1571 del libriccino del quattrocentesco rabbino tedesco Ya‘aqov b. Yehudah Weil) che servivano a regolamentare la vita di tutti i giorni in senso ortodosso. Infatti leggiamo nel 1595 che dieci volumi erano incompleti, ‘rotti’ se si usa la dicitura italiana della seconda lista dove erano scesi a sei: si erano evidentemente logorati per l’uso e perché erano volumi da tempo conservati in casa. Rispetto a questi sono poco frequenti negli scaffali mantovani i brevi testi seguenti, presenti soltanto nella lista del 1595: infatti si notano la cronaca storica ספר הקבלה ‘Sefer ha-Qabbalah’ (‘Il libro della Tradizione’) del toledano Avraham b. Dawid ha-Lewi Ibn Daud (1110-1180) – rilegata con l’etico שלחן ארבע ‘Šulḥan arba’ah’ (‘La tavola [dei] Quattro’) di Baḥya b. Ašer ibn Ḥlavah (m. 1340) e la cronaca anonima [סדר עולם [זוטא ‘Seder ’Olam [Zuṭa]’ (‘L’ordine del mondo, piccolo’), tutti e tre prime edizioni stampate a Mantova nel 1513 – e il סוד הגאולה ‘Sod ha-geulah’ (‘Il segreto della redenzione’) scritto da Yishaq b. Yosef Kohen (di cui si conosce la stampa di Salonicco del 1551), che è un commento in chiave escatologica e messianica a Rut. I libri infine svelano l’appartenenza dei fratelli all’ebraismo italiano giacché diversi testi liturgici sono relativi al rito cosiddetto romano. Nel 1595 è inserito un fantomatico ‘Saer serim che insegna afare le Carte di scola’, che potrebbe essere lo (‘Il cantico dei cantici’) forse utilizzato per istruire il cantore nelle sinagoghe, le ‘scole’, più che per essere studiato nel ‘Talmud Torah’, la scuola ebraica; ma potrebbe essere invece l’enciclopedico ‘Ša‘ar Šamayim’ (‘Il cancello del Cielo’) del francese Geršon b. Šelomoh (1288-1344), Venezia, 1547. Tutto questo materiale eterogeneo non permette di ricostruire un’identità sociale stratificatasi nel corso del tempo, se vale l’ipotesi che abbiano ereditato più che comprato questi volumi. Per un’inquadratura generale si rinvia a SHIFRA Z. BARUCHSON, ‘Dati statistici e storia culturale: le biblioteche degli ebrei di Mantova (1595)’, ‘La Rassegna Mensile di Israel’, LIX, 1-2, 1993, pp. 95-105 [trad. di Andrea Marinucci, rev. di Anna Foa], da cui sono state tratte alcune percentuali e considerazioni.
[voce a cura di F. Quaglia]
Variant Namesדנואל ויהושע מלעשירלי
Dani’el e Yehošua‘ Aširelli/Ascirelli
Daniel e Salvador Richi/Ricchi/De Ricchi

Activity

Start (year)1595
End (year)1606
MARC Area Codee-it
PlaceMantova (Geonames Id: 3174051)
Profession / Type of InstitutionUnknown
CharacterisationUnknown
Last Edit2021-04-04 08:06:27

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Aširelli, Dani’el e Yehošua‘

Owner Id00029386
TypePerson
GenderMale
Biographical dates - Period of existence1595-1606
Other Information[floruerunt]
L’Archivio storico della Comunità Ebraica di Mantova nella filza 5, cartella 1, conserva la lunghissima lista dei libri appartenenti a 438 privati e a otto istituzioni pubbliche che furono sottoposti a censura nel 1595 da Domenico Gerosolimitano, Alessandro Scipione e Lorenzo Franguello. Dieci anni dopo il Gerosolimitano intervenne nuovamente, dal 18 al 29 maggio; si veda la filza 9, cartella 2. Se nel primo caso gli ebrei redassero in ebraico, a parte i titoli italiani, i propri inventari prima di consegnare temporaneamente i volumi nelle mani degli incaricati dell’Inquisizione, la volta successiva li scrissero solamente in italiano. Nel 1595 al n. 270 (visibile all’indirizzo <http://digiebraico.bibliotecateresiana.it/sfoglia_filze.php?volume=CAR001&gruppo=FIL005&op=esplora_ric&offset=670>) troviamo una לוסטה מהספרי'[ם] מכ''ם דנואל וכ''ם יהושע אח'[ים] מלעשירלי יצ''ו (‘Lista dai libri degli onorati signori Dani’el e Yehošua‘ fratelli [del casato] degli Aširelli, Egli li conservi e li risparmi dal dolore’) in corsivo ebraico italiano, diventata nel 1605, sempre al n. 270, ‘Notta delli libri che si trouano / In Casa de Daniel e Salvador Richi h[e]br.[ei]’, con firma del revisore ‘Dominico Ierosolomi[ta]no’ (l’elenco è disponibile qui <http://digiebraico.bibliotecateresiana.it/sfoglia_filze.php?id=240&title=&date=1605&date1=&shelfmark=&generico=¬e=&ord=&tipo=cerca&op=filze_cerca&gruppo=FIL009&volume=CAR002&op=filze_cerca&offset=791>). Che si tratti delle stesse persone è stato evidenziato da VITTORE COLORNI, ‘La corrispondenza fra nomi ebraici e nomi locali nella prassi dell’ebraismo italiano’, p. 84, in ‘Italia Judaica I. Atti del I Convegno internazionale, Bari, 18-22 maggio 1981’, Roma, [s.n.], 1981, e ID., p. 741, in ‘Judaica Minora. Saggi sulla storia dell’ebraismo italiano dall’antichità all’età moderna’, Milano, Giuffrè, 1983, il quale segnalò l’ utilizzo nell’ebraismo italiano del termine ‘ašir (‘ricco’) diventato un cognome nella forma vezzeggiativa ‘Aširelli per trasformarsi in un più logico Richi ossia Ricchi e talvolta De Ricchi. I due fratelli non hanno lasciato molto di sé. Sono assenti sia nel Nomenclatore delle famiglie ebree che costituisce il Repertorio Etica; Volume III, Libro VI del suddetto archivio, sia nell’Indice dell’Archivio dell’Accademia Rabbinica mantovana, inoltre quel poco che conosciamo della loro vita, grazie ad altre fonti, non li vede associati. Il nome di Salvador Richi è riferito a proposito di un gravissimo episodio di antisemitismo verificatosi a Mantova nel 1602: l’impiccagione per un piede (!) di sette ebrei, precedentemente giustiziati, che avevano reagito alle violente prediche pubbliche di un frate itinerante inscenando nel cortile della sinagoga una specie di recita in cui schernirono lui e Gesù. Salvador fu uno dei tre prescelti dalla comunità per convincerne i banchieri a sborsare circa 75.000 lire mantovane all’indebitato duca Vincenzo I Gonzaga (1562-1612) in modo da ottenere l’assoluzione di correligionari marginalmente coinvolti nella faccenda. Questi fatti, che contribuirono all’istituzione del ghetto, sono stati diffusamente raccontati in SHLOMO SIMONSOHN, ‘History of the Jews in the Duchy of Mantua’, Jerusalem, Kiryath Sepher, 1977, pp. 33-39. Troviamo il fratello Daniel in un paio di note di spese della ‘Congrega’ del febbraio e maggio 1605 nella filza 9, cartella 1 (<http://digiebraico.bibliotecateresiana.it/sfoglia_filze.php?op=filze_cerca&volume=CAR001&gruppo=FIL009&id=239&title=&date=&date1=&shelfmark=&generico=¬e=&pag=32> e <http://digiebraico.bibliotecateresiana.it/sfoglia_filze.php?op=filze_cerca&volume=CAR001&gruppo=FIL009&id=239&title=&date=&date1=&shelfmark=&generico=¬e=&pag=51#>); inoltre CLAUDIA BURATTELLI, ‘Spettacoli di corte a Mantova tra Cinque e Seicento’, Firenze, Le Lettere, 1999, p. 127, nota 47, ed ERITH JAFFE-BERG, Ebrei and Turchi performing in early modern Venice and Mantua, p. 239, in Transnational connections in early modern theatre; Edited by M.A. Katritzky and Pavel Drábek, Manchester, Manchester University Press, 2019, ricordano che egli incorse in una rissa con un altro ebreo – il giovane attore occasionale Melet – che temendo il peggio il 16-7-1606 si era rifugiato in casa del segretario ducale Federico Follino, relatore ufficiale di cerimonie e feste, ideatore di intermezzi e commedie e attivo in numerosi compiti da cortigiano, che lo ospitò nonostante per ordine dal duca un cristiano non si potesse fare. Sappiamo qualcosa in più delle loro abitudini di lettura grazie ai due elenchi citati. I testi enumerati nel 1595 si dipanano su tre foglietti e sono in tutto 77; il secondo elenco è su due foglietti per un totale di 70, in entrambi i casi gli Ascirelli commisero sporadici errori sui dati editoriali. A differenza di tanti altri concittadini essi non possedevano testi in lingua diversa dall’ebraico. A distanza di dieci anni si nota una diminuzione numerica e un cambiamento nei titoli riportati. Infatti, se nella prima lista spiccavano due incunaboli, integri – la ‘Beḥinat ’Olam’ (‘L’esame del mondo’) di Yeda‘yah b. Avraham Bederśi (ca. 1270-ca. 1340), Soncino [5]245 [1484], e un’edizione bresciana edita nel [5]254 [1493] dei ‘Tehillim’, vale a dire i Salmi (ciò notò già S. SIMONSOHN, ‘Sefarim we-sifrut šel yehudei Manṭovah, 1595’ [‘Libri e letteratura degli ebrei mantovani, 1595’], ‘Qiryat sefer’, XXXVII, 722 [1961], 1, p. 113 [in ebr.]) - nel 1605 il primo è riportato come ‘Seffer Igarod stampato Sonzino 345’ errato per 245 (‘Igarod’ cioè ‘Iggeret’, ‘lettera’, è la prima parola del titolo con cui fu pubblicata questa breve opera) e il secondo si cela forse tra i ‘quattro teilim parte d’esso rotti’. È misteriosamente assente in ambedue le rilevazioni l’Opp. add. 4° IV. 223 della Bodleian, forse i fratelli ne entrarono in possesso successivamente, e questo spiegherebbe perché è incensurato, oppure lo avevano ceduto ad altri in precedenza; il fatto che il volume sia mutilo impedisce purtroppo di verificare questi passaggi di mano. Nella lista del 1595 sono stati inseriti anche tre manoscritti: un ‘Sefer ha-Dinim’ (‘Libro di legge’), denominato ‘Seffer denim appena’ cioè ‘a penna’ nel 1605, un ‘Ḥumaš’ in pergamena (cioè una Bibbia) d’epoca ignota con il commento medievale di Raši, che forse fa parte dei ‘3 Cumassim con targum et uno d’esso con Comenti’ elencati nel 1605, e un ‘Šeḥitot we-bediqot’ (un testo sulla macellazione rituale), anch’esso membranaceo, non registrato dieci anni dopo. La presenza di un numero limitato di manoscritti non sorprende: una statistica dei 21.142 esemplari di 1.234 opere diverse relativamente al 1595 ha attestato al 14%, qui tocchiamo una soglia inferiore perfino all’otto, questo parrebbe indicare che i due Ascirelli non erano collezionisti o studiosi ma persone abbastanza comuni perché solitamente i manoscritti per costoro erano un’eredità originatasi magari prima ancora della nascita della stampa né d’altronde le fonti sopracitate precisano i due fratelli come appartenenti a categorie rabbiniche che avevano necessità di utilizzare ancora quelle carte. In media la biblioteca privata di un ebreo mantovano a fine Cinquecento conteneva una cinquantina di volumi, i poveri una decina, i ricchi ne avevano tra 100 e 300, gli Ascerelli allora si situano in una classe intermedia. Una disamina delle edizioni dei testi mostra che anche gli stampati, spesso a Mantova, non sono molto recenti (pochissimi superano il 1560 come anno di pubblicazione) a parte, nell’inventario del 1595, una תפלה נעשית על עצירת גשמים ‘Tefilah na‘aśet ‘al ‘aṣirat gešamim’ (‘Preghiera recitata per la siccità’) edita a Mantova nel 1590, che è il rarissimo סדר התפלה שנעשית פה מנטובה על עצירת גשמים ‘Seder ha-tefillah še-na‘aśet poh Manṭovah ‘al ‘aṣirat gešamim’ (‘Formulario della preghiera che è recitata qui a Mantova per la siccità’), quattro fogli in ottavo, senza frontespizio e forse perciò privo di note di possesso nell’esemplare reperibile a quanto pare solamente presso la Biblioteca Nazionale di Israele a Gerusalemme (collocazione RO 89 A 5 96; la versione digitale è in <https://www.nli.org.il/en/books/NNL_ALEPH001087983/NLI>). Essa è una testimonianza delle vicende quotidiane non solo ebraiche e locali giacché la siccità estiva colpì il resto d’Italia e regioni europee con conseguente carestia (cfr. CARLO MARCO BELFANTI, ‘Una città e la carestia: Mantova, 1590-1592’, ‘Annali della Fondazioni Luigi Einaudi’, XVI, 1982, pp. 99-140, ALFONSO CORRADI, ‘Annali delle epidemie occorse in Italia dalle prime memorie fino al 1850’, II, Bologna, Tipi Gamberini e Parmeggiani, 1867, pp. 302-309, e ‘The Palgrave Handbook of Climate History’, London, Springer, 2018, p. 282). Molto specifica è al contrario un’altra rarità: l’אנטירפיטו סדור מתפלה ‘Inṭerpiṭo Siddur mi-tefillah’ (‘Inṭerpiṭo. Libro di preghiere’), Fano [5]266, nella lista in italiano del 1605 chiamato ‘Un Interpito di sedur de teffila stampato in Fano 266’, cioè il סידור די טוטו לאנו ‘Siddur di tutto l’anno’, che lì Gerolamo Soncino pubblicò nell’ottobre 1505. Di questo ‘Siddur’ del rito italiano stampato in giudeo-italiano ad uso primario delle donne che di norma ignoravano l’ebraico, secondo quanto affermato nell’introduzione al libro, si conoscono non più di sei copie: Modena, Biblioteca Estense, collocazione α.F.9.1, e Parma, Palatina, Stampato De Rossi 223, digitalizzata qui <http://www.internetculturale.it/jmms/iccuviewer/iccu.jsp?id=oai%3Awww.internetculturale.sbn.it%2FTeca%3A20%3ANT0000%3APARE078430&mode=all&teca=MagTeca+-+ICCU&fulltext=1>, mutile del frontespizio; Torino, Biblioteca Nazionale Università, Hebr.VIII.8, frammentaria come un’altra non etichettata (cfr. BRUNO CHIESA, ‘Note sull’attività editoriale ebraica di Gershom Soncino nei primi decenni del Cinquecento’, ‘La Rassegna Mensile di Israel’, LVII, 2001, 1-2, p. 119), in Italia; all’estero alla Bodleian Library (collocazione Auct. M. IV. 13), priva di frontespizio, e alla Biblioteca Nazionale di Israele (91 A 575), mancante di frontespizio e di altri sette fogli, fra cui quello finale [Ringrazio la dott.ssa Grazia Maria De Rubeis, direttrice dell’Estense, per avermi inviato in riproduzione le uniche pagine del volume ‘modenese’ contenenti annotazioni manoscritte, purtroppo pesantemente depennate; il Dr. César Merchán-Hamann, curatore della raccolta di Hebraica e Judaica alla Bodleian che mi indicò l’attuale collocazione ad Oxford di questo particolare ‘Siddur’, e Alexander Gordin, che verificò l’esemplare posseduto presso la NLI e il microfilm lì depositato della copia oxoniana]. Nessuna di loro mostra la nota di un Ascirelli. Generalmente il contenuto dei testi non esce dalla tipologia più diffusa: una trentina di libri liturgici, alcuni biblici, di legge ebraica (p. es. ‘1 Sulcan Aruch stampato Venetia 327’ e i ‘Saalod tesuod rotti’, che nella lista del 1595 corrispondono alla raccolta di questioni e responsa del הרשבא ‘ha-R.Š.b.A.’ l’acronimo indicante il rabbino Šelomoh b. Aderet, 1235-1310), di etica (come il ‘Menorad amaor’ che è il ‘Menorat ha-Ma‘or’ del trecentesco talmudista spagnolo Yiṣḥaq Aboab, Mantova 1563) e sulla macellazione (nel 1605 compare ‘Un par de sechitod stampati Man.[tov]a 331’, l’edizione del 1571 del libriccino del quattrocentesco rabbino tedesco Ya‘aqov b. Yehudah Weil) che servivano a regolamentare la vita di tutti i giorni in senso ortodosso. Infatti leggiamo nel 1595 che dieci volumi erano incompleti, ‘rotti’ se si usa la dicitura italiana della seconda lista dove erano scesi a sei: si erano evidentemente logorati per l’uso e perché erano volumi da tempo conservati in casa. Rispetto a questi sono poco frequenti negli scaffali mantovani i brevi testi seguenti, presenti soltanto nella lista del 1595: infatti si notano la cronaca storica ספר הקבלה ‘Sefer ha-Qabbalah’ (‘Il libro della Tradizione’) del toledano Avraham b. Dawid ha-Lewi Ibn Daud (1110-1180) – rilegata con l’etico שלחן ארבע ‘Šulḥan arba’ah’ (‘La tavola [dei] Quattro’) di Baḥya b. Ašer ibn Ḥlavah (m. 1340) e la cronaca anonima [סדר עולם [זוטא ‘Seder ’Olam [Zuṭa]’ (‘L’ordine del mondo, piccolo’), tutti e tre prime edizioni stampate a Mantova nel 1513 – e il סוד הגאולה ‘Sod ha-geulah’ (‘Il segreto della redenzione’) scritto da Yishaq b. Yosef Kohen (di cui si conosce la stampa di Salonicco del 1551), che è un commento in chiave escatologica e messianica a Rut. I libri infine svelano l’appartenenza dei fratelli all’ebraismo italiano giacché diversi testi liturgici sono relativi al rito cosiddetto romano. Nel 1595 è inserito un fantomatico ‘Saer serim che insegna afare le Carte di scola’, che potrebbe essere lo (‘Il cantico dei cantici’) forse utilizzato per istruire il cantore nelle sinagoghe, le ‘scole’, più che per essere studiato nel ‘Talmud Torah’, la scuola ebraica; ma potrebbe essere invece l’enciclopedico ‘Ša‘ar Šamayim’ (‘Il cancello del Cielo’) del francese Geršon b. Šelomoh (1288-1344), Venezia, 1547. Tutto questo materiale eterogeneo non permette di ricostruire un’identità sociale stratificatasi nel corso del tempo, se vale l’ipotesi che abbiano ereditato più che comprato questi volumi. Per un’inquadratura generale si rinvia a SHIFRA Z. BARUCHSON, ‘Dati statistici e storia culturale: le biblioteche degli ebrei di Mantova (1595)’, ‘La Rassegna Mensile di Israel’, LIX, 1-2, 1993, pp. 95-105 [trad. di Andrea Marinucci, rev. di Anna Foa], da cui sono state tratte alcune percentuali e considerazioni.
[voce a cura di F. Quaglia]
Variant Namesדנואל ויהושע מלעשירלי
Dani’el e Yehošua‘ Aširelli/Ascirelli
Daniel e Salvador Richi/Ricchi/De Ricchi

Activity

Start (year)1595
End (year)1606
MARC Area Codee-it
PlaceMantova (Geonames Id: 3174051)
Profession / Type of InstitutionUnknown
CharacterisationUnknown
Last Edit2021-04-04 08:06:27
let