Owners of Incunabula

owners/00028252 Ray, Rodolphe Louis

Flaminio, Antonio

Owner Id00028252
TypePerson
GenderMale
Biographical dates - Period of existence1460-1513
Other InformationAntonius Biaxander (Biassandro) nacque intorno al 1460 da famiglia non agiata, padre greco e madre dalmata, nella cittadina di Mineo (Ct). Lì compì i primi studi per poi dedicarsi all’apprendimento delle lettere classiche presso il cancelliere corleonese Giovanni Naso a Palermo, dove restò fino al 1481. Verso il 1486 fu a Napoli, forse però si era già trasferito subito dopo il soggiorno palermitano, entrando a far parte dell’Accademia Pontaniana, ma alla fine dello stesso anno, insoddisfatto, si spostò a Roma. Datosi all’insegnamento privato del latino, verso il 1493 riuscì a ottenere la cattedra di retorica all’Università. Come consuetudine per un umanista Antonio assunse un cognome latino: quello di Flaminius (Flaminio), che successivamente si mutò in Leone Flaminio in onore di papa Leone X (1475-1521), a cui dedicò una poesia. Antonio/Leone scrisse infatti poesie ritenute invero poco più che mediocri, in lode e talora in biasimo dei personaggi più celebri della società romana del suo tempo, sebbene non manchino carmi religiosi; molti suoi versi lodano il suo mecenate il cardinale Raffaele Riario (1461-1521). Sono conservate nell’autografo ms. Vat. Lat. 2870 (<https://digi.vatlib.it/view/MSS_Vat.lat.2870>). Giunte ai tempi nostri pure due sue lettere, non è invece pervenuto un trattato astronomico ‘De accentricis, epicyclis et absidibus’ in due volumi, opera giovanile. Non vi è certezza se abbia preso gli ordini sacri oppure moglie, eventualmente premortagli giacché era solo quando, secondo quanto riportò Pierio Valeriano (1477-1558) nel ‘De litteratorum infelicitate’, Venezia, 1620, p. 23, fu trovato privo di vita intorno alla fine di settembre o ai primi di ottobre del 1513 accasciato da tre giorni nel suo studio in mezzo ai suoi libri. La dispersione della sua biblioteca privata fu immediata. Sappiamo che alcuni suoi manoscritti ebraici entrarono subito a far parte della Biblioteca Apostolica Vaticana perché ne fece cenno il francescano Pietro Galatino (1460-1540) nel suo ‘De arcanis catholicae veritatis’, Ortona a Mare, 1518, c. 59a: ‘Ego quoque ea [i 72 nomi divini secondo la Cabala] sic omnino punctata pluribus in locis inueni: & præsertim Romæ in biblioteca summi Pontificis, eo in loco, ubi libri Flaminei, uiri quondam trium linguarum peritissimi, reconditi seruantur’; e altri, già nella biblioteca Palatina di Heidelberg in Germania, vi giunsero solamente nel 1623. Complessivamente si contano 13 mss. (i Vat. Ebr. 192, 203, 242, 243, 288, 289, 290, 300, 357, 369, 378, 420 e 423; descritti in ‘Hebrew manuscripts in the Vatican Library. Catalogue’; Edited by Benjamin Richler; Palaeographical and Codicological Descriptions Malachi Beit-Arié, Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, 2008, ma non sempre con la segnalazione del loro possessore). Altri manoscritti ebraici di Flaminio furono acquistati dal cardinale agostiniano Egidio da Viterbo (1469-1532) per poi confluire, attraverso tappe intermedie in due altre biblioteche romane: l’Angelica (il cod. or. 45), tra il XVI e l’inizio del XVIII secolo, e la Casanatense (i seguenti sette sono riconducibili a lui in quanto mostrano la sua firma e/o le sue glosse marginali: mss. 2755, 3061, 3086, 3091, 3098, 3104 e 3105), nel 1745. In particolare alla Casanatense arrivarono dopo essere stati di Egidio da Viterbo e forse di Marcello Cervini (1501-1555; papa Marcello II), Guglielmo Sirleto (m. 1585), Ascanio Colonna (1560-1608) e quindi della famiglia Altemps (Marco Sittico Altemps, m. 1595, e Giovanni Angelo Altemps, m. 1620, suo nipote). Altri due si trovano alla Biblioteca di Stato di Monaco di Baviera (cod. hebr. 202 e 321). Alcuni codici “flaminiani” sono in realtà arabi ma in caratteri ebraici; la libreria del siciliano d’altronde comprendeva manoscritti dichiaratamente arabi, retaggio dell’isola natia, tuttavia questo non significa ch’egli conoscesse quella lingua: sono i vaticani ar. 5, ar. 32 (in parte), e forse l’ar. 310. Notizie biografiche sono in MARCO VATTASSO, ‘Antonio Flaminio e le principali poesie dell’autografo Vaticano 2870’, Città del Vaticano, Tip. Vaticana, 1900, pp. 5-22. Dettagli su contenuto e vicende dei manoscritti di sua proprietà sono in UMBERTO CASSUTO, ‘I manoscritti palatini ebraici della Biblioteca Apostolica Vaticana e la loro storia’, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1935, pp. 70-74, 81; GIORGIO LEVI DELLA VIDA, ‘Ricerche sulla formazione del più antico fondo dei manoscritti orientali della Biblioteca Vaticana’, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1939, pp. 159-162; FRANÇOIS SECRET, ‘Pico della Mirandola e gli inizi della cabala cristiana’, «Convivium», XXV, 1957, pp. 34-36; ROBERTO RUSCONI, ‘Profezia e profeti alla fine del Medioevo’, Roma, Viella, 1999, p. 270; EMMA ABATE, ‘Filologia e qabbalah. La collezione ebraica di Egidio da Viterbo alla Biblioteca Angelica di Roma’, «Archivio italiano per la storia della pietà», XXVI, 2013, p. 445; MARGHERITA PALUMBO, ‘I codici postillati di Egidio da Viterbo, dal Sant’Uffizio alla Casanatense’, pp. 312-317 in ‘Egidio Da Viterbo Cardinale agostiniano tra Roma e l’Europa del Rinascimento, Atti del Convegno, Viterbo, 22-23 settembre 2012, Roma, 26-28 settembre 2012’, a cura di Myriam Chiabò, Rocco Ronzani, Angelo Maria Vitale, Roma, Centro Culturale Agostiniano, Roma nel Rinascimento, 2014.
Questi studi hanno svelato e indagato la provenance dei suoi libri manoscritti, al contrario non conosco nessuna indagine sui suoi libri stampati. Furono comunque certamente in possesso di Flaminio gli incunaboli vaticani S.203, S.204, II.772, II.774, III.394, che hanno la consueta firma vergata in inchiostro rossiccio “Flaminii Ls” o “Liber Flaminij”, e forse I.99, Inc.IV.702, IV.703 e IV.791, non sottoscritti ma che, a mio parere, gli sono attribuibili sulla base del confronto calligrafico con le citate quattrocentine, i suoi mss. ebraici e il Vat. 2780. Il contenuto di questi volumi, diversamente da quello dei suoi mss. ebraici e arabi che il più delle volte è cabalistico o di scienza medica, consiste in trattati mišnaici e talmudici, in un testo grammaticale, e nel discusso ‘Sefer ha-‘iqqarim’ di Yosef Albo. Sono inoltre arrivati in dotazione alla Vaticana molto dopo la scomparsa di Flaminio. Un’altra differenza è che mentre i codici hanno prevalentemente sue glosse in ebraico, qui sono quasi esclusivamente in latino.
Gli è stata ascritta un’originaria fede ebraica che avrebbe poi cambiato con quella cattolica, cfr. ANGELO MICHELE PIEMONTESE, ‘Codici giudeo-arabi di Sicilia’, p. 179, in ‘Ebrei e Sicilia’; a cura di Nicolò Bucaria, Michele Luzzati, Angela Tarantino, Palermo, Flaccovio, 2002. La vita difficile, la misantropia e il carattere irascibile a cui è stato associato, potrebbero allora essere sortite dalla condizione di uomo accettato dagli intellettuali cristiani soltanto in quanto conoscitore di una cultura che egli aveva invece ripudiato, cfr. ANGELA SCANDALIATO, ‘Judaica minora sicula. Indagini sugli ebrei di Sicilia nel Medioevo’, Firenze, Giuntina, 2006, pp. 513-515.
[scheda a cura di Fabrizio Quaglia]
Other IdentifierFlaminio, Leone

Activity

Start (year)1460
End (year)1513
MARC Area Codee-it
PlaceRoma (Geonames Id: 3169070)
Profession / Type of InstitutionAcademy
CharacterisationNo characterisation/lay
Last Edit2022-06-17 09:51:58

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Flaminio, Antonio

Owner Id00028252
TypePerson
GenderMale
Biographical dates - Period of existence1460-1513
Other InformationAntonius Biaxander (Biassandro) nacque intorno al 1460 da famiglia non agiata, padre greco e madre dalmata, nella cittadina di Mineo (Ct). Lì compì i primi studi per poi dedicarsi all’apprendimento delle lettere classiche presso il cancelliere corleonese Giovanni Naso a Palermo, dove restò fino al 1481. Verso il 1486 fu a Napoli, forse però si era già trasferito subito dopo il soggiorno palermitano, entrando a far parte dell’Accademia Pontaniana, ma alla fine dello stesso anno, insoddisfatto, si spostò a Roma. Datosi all’insegnamento privato del latino, verso il 1493 riuscì a ottenere la cattedra di retorica all’Università. Come consuetudine per un umanista Antonio assunse un cognome latino: quello di Flaminius (Flaminio), che successivamente si mutò in Leone Flaminio in onore di papa Leone X (1475-1521), a cui dedicò una poesia. Antonio/Leone scrisse infatti poesie ritenute invero poco più che mediocri, in lode e talora in biasimo dei personaggi più celebri della società romana del suo tempo, sebbene non manchino carmi religiosi; molti suoi versi lodano il suo mecenate il cardinale Raffaele Riario (1461-1521). Sono conservate nell’autografo ms. Vat. Lat. 2870 (<https://digi.vatlib.it/view/MSS_Vat.lat.2870>). Giunte ai tempi nostri pure due sue lettere, non è invece pervenuto un trattato astronomico ‘De accentricis, epicyclis et absidibus’ in due volumi, opera giovanile. Non vi è certezza se abbia preso gli ordini sacri oppure moglie, eventualmente premortagli giacché era solo quando, secondo quanto riportò Pierio Valeriano (1477-1558) nel ‘De litteratorum infelicitate’, Venezia, 1620, p. 23, fu trovato privo di vita intorno alla fine di settembre o ai primi di ottobre del 1513 accasciato da tre giorni nel suo studio in mezzo ai suoi libri. La dispersione della sua biblioteca privata fu immediata. Sappiamo che alcuni suoi manoscritti ebraici entrarono subito a far parte della Biblioteca Apostolica Vaticana perché ne fece cenno il francescano Pietro Galatino (1460-1540) nel suo ‘De arcanis catholicae veritatis’, Ortona a Mare, 1518, c. 59a: ‘Ego quoque ea [i 72 nomi divini secondo la Cabala] sic omnino punctata pluribus in locis inueni: & præsertim Romæ in biblioteca summi Pontificis, eo in loco, ubi libri Flaminei, uiri quondam trium linguarum peritissimi, reconditi seruantur’; e altri, già nella biblioteca Palatina di Heidelberg in Germania, vi giunsero solamente nel 1623. Complessivamente si contano 13 mss. (i Vat. Ebr. 192, 203, 242, 243, 288, 289, 290, 300, 357, 369, 378, 420 e 423; descritti in ‘Hebrew manuscripts in the Vatican Library. Catalogue’; Edited by Benjamin Richler; Palaeographical and Codicological Descriptions Malachi Beit-Arié, Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, 2008, ma non sempre con la segnalazione del loro possessore). Altri manoscritti ebraici di Flaminio furono acquistati dal cardinale agostiniano Egidio da Viterbo (1469-1532) per poi confluire, attraverso tappe intermedie in due altre biblioteche romane: l’Angelica (il cod. or. 45), tra il XVI e l’inizio del XVIII secolo, e la Casanatense (i seguenti sette sono riconducibili a lui in quanto mostrano la sua firma e/o le sue glosse marginali: mss. 2755, 3061, 3086, 3091, 3098, 3104 e 3105), nel 1745. In particolare alla Casanatense arrivarono dopo essere stati di Egidio da Viterbo e forse di Marcello Cervini (1501-1555; papa Marcello II), Guglielmo Sirleto (m. 1585), Ascanio Colonna (1560-1608) e quindi della famiglia Altemps (Marco Sittico Altemps, m. 1595, e Giovanni Angelo Altemps, m. 1620, suo nipote). Altri due si trovano alla Biblioteca di Stato di Monaco di Baviera (cod. hebr. 202 e 321). Alcuni codici “flaminiani” sono in realtà arabi ma in caratteri ebraici; la libreria del siciliano d’altronde comprendeva manoscritti dichiaratamente arabi, retaggio dell’isola natia, tuttavia questo non significa ch’egli conoscesse quella lingua: sono i vaticani ar. 5, ar. 32 (in parte), e forse l’ar. 310. Notizie biografiche sono in MARCO VATTASSO, ‘Antonio Flaminio e le principali poesie dell’autografo Vaticano 2870’, Città del Vaticano, Tip. Vaticana, 1900, pp. 5-22. Dettagli su contenuto e vicende dei manoscritti di sua proprietà sono in UMBERTO CASSUTO, ‘I manoscritti palatini ebraici della Biblioteca Apostolica Vaticana e la loro storia’, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1935, pp. 70-74, 81; GIORGIO LEVI DELLA VIDA, ‘Ricerche sulla formazione del più antico fondo dei manoscritti orientali della Biblioteca Vaticana’, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1939, pp. 159-162; FRANÇOIS SECRET, ‘Pico della Mirandola e gli inizi della cabala cristiana’, «Convivium», XXV, 1957, pp. 34-36; ROBERTO RUSCONI, ‘Profezia e profeti alla fine del Medioevo’, Roma, Viella, 1999, p. 270; EMMA ABATE, ‘Filologia e qabbalah. La collezione ebraica di Egidio da Viterbo alla Biblioteca Angelica di Roma’, «Archivio italiano per la storia della pietà», XXVI, 2013, p. 445; MARGHERITA PALUMBO, ‘I codici postillati di Egidio da Viterbo, dal Sant’Uffizio alla Casanatense’, pp. 312-317 in ‘Egidio Da Viterbo Cardinale agostiniano tra Roma e l’Europa del Rinascimento, Atti del Convegno, Viterbo, 22-23 settembre 2012, Roma, 26-28 settembre 2012’, a cura di Myriam Chiabò, Rocco Ronzani, Angelo Maria Vitale, Roma, Centro Culturale Agostiniano, Roma nel Rinascimento, 2014.
Questi studi hanno svelato e indagato la provenance dei suoi libri manoscritti, al contrario non conosco nessuna indagine sui suoi libri stampati. Furono comunque certamente in possesso di Flaminio gli incunaboli vaticani S.203, S.204, II.772, II.774, III.394, che hanno la consueta firma vergata in inchiostro rossiccio “Flaminii Ls” o “Liber Flaminij”, e forse I.99, Inc.IV.702, IV.703 e IV.791, non sottoscritti ma che, a mio parere, gli sono attribuibili sulla base del confronto calligrafico con le citate quattrocentine, i suoi mss. ebraici e il Vat. 2780. Il contenuto di questi volumi, diversamente da quello dei suoi mss. ebraici e arabi che il più delle volte è cabalistico o di scienza medica, consiste in trattati mišnaici e talmudici, in un testo grammaticale, e nel discusso ‘Sefer ha-‘iqqarim’ di Yosef Albo. Sono inoltre arrivati in dotazione alla Vaticana molto dopo la scomparsa di Flaminio. Un’altra differenza è che mentre i codici hanno prevalentemente sue glosse in ebraico, qui sono quasi esclusivamente in latino.
Gli è stata ascritta un’originaria fede ebraica che avrebbe poi cambiato con quella cattolica, cfr. ANGELO MICHELE PIEMONTESE, ‘Codici giudeo-arabi di Sicilia’, p. 179, in ‘Ebrei e Sicilia’; a cura di Nicolò Bucaria, Michele Luzzati, Angela Tarantino, Palermo, Flaccovio, 2002. La vita difficile, la misantropia e il carattere irascibile a cui è stato associato, potrebbero allora essere sortite dalla condizione di uomo accettato dagli intellettuali cristiani soltanto in quanto conoscitore di una cultura che egli aveva invece ripudiato, cfr. ANGELA SCANDALIATO, ‘Judaica minora sicula. Indagini sugli ebrei di Sicilia nel Medioevo’, Firenze, Giuntina, 2006, pp. 513-515.
[scheda a cura di Fabrizio Quaglia]
Other IdentifierFlaminio, Leone

Activity

Start (year)1460
End (year)1513
MARC Area Codee-it
PlaceRoma (Geonames Id: 3169070)
Profession / Type of InstitutionAcademy
CharacterisationNo characterisation/lay
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